La gioia della Pasqua
(Enzo Bianchi)
Quella di Gesù era una morte annunciata perché come profeta sapeva che il rifiuto fino all’eliminazione era ciò che lo attendeva tra i suoi, da parte dei suoi. Era il venerdì 7 aprile del 30, alle 3 del pomeriggio! Ma questa morte, ultimo esito di un cammino di mitezza e non violenza, di servizio e cura dei più deboli e poveri che incontrava, ultima tappa che lo vedeva annoverato tra i peccatori, “maledetto da Dio e dagli uomini”, e per questo appeso alla croce, era una morte che non poteva essere l’ultima parola su di lui. E dopo un giorno di aporia, un sabato santo di silenzio muto, vuoto, in cui significativamente non sono previste liturgie, ma c’è il silenzio come unica preghiera possibile, siccome quell’amore vissuto fino all’estremo non poteva andare perduto ecco che Dio risolleva dai morti Gesù, vivente, nuovamente in mezzo ai suoi. È il Kýrios, il Signore vivente, risorto! E qui esplode la festa, la gioiosa proclamazione che l’amore ha vinto la morte, che l’inferno è stato svuotato, che il banchetto è pronto, che tutti vi possono partecipare, primi e ultimi, poveri e scartati, anonimi e sconosciuti. È la Pasqua del Signore! Ecco quello che cercano di vivere i cristiani, e qui ci siamo permessi di tentare una spiegazione anche per chi non condivide la fede cristiana. In ogni Pasqua vi è la certezza che ci rivedremo anche nell’aldilà se avremo amato, perché il nostro amore non va perduto. Dio infatti è amore e l’amore è sempre divino.